Scritto a voce: una storia di resistenza
Scritto a voce è una storia di resistenza contro la medicalizzazione del male mentale. A Settimo Torinese, da dieci anni, si riunisce un gruppo di persone attraversate da una differenza indicibile: udire le voci è uno stigma psichiatrico. Il “Gruppo Voci” tenta di superare il disagio con l’ascolto, l'uno dell'altro.
"Scritto a voce" nasce dalla lettura del libro di Mario Cardano e Giulia Lepori sull’esperienza del gruppo voci di Settimo Torinese. Stavo pensando a un documentario sul male mentale guardando alla questione dell’inserimento lavorativo, quando sono entrata in contatto con Mario Cardano, un sociologo dell’Università di Torino (uno dei pochi studiosi, non psichiatri, che si interessa di questi temi). Mario mi ha raccontato degli uditori di voci, del movimento internazionale di cui fanno parte, di come udire le voci sia un’esperienza ambivalente, al confine tra malattia e sanità. Ho pensato che fosse una grande-piccola storia da raccontare. Impressione confermata dall’incontro con il gruppo. Cinque persone diverse, ognuna con le proprie difficoltà. Cinque “malati”, secondo la prassi psichiatrica, che tramite la condivisione hanno trovato il modo di coesistere con le voci, con una condizione che il “popolo dei sordi” considera indicibile. La riuscita del progetto è dovuta alla psicologa e all’infermiera che hanno sostenuto il gruppo negli ultimi dieci anni. Anna Maria e Cristina, al pari degli uditori, sono i protagonisti di "Scritto a voce": si sono sempre considerate parte del gruppo, al punto di non volere il loro nome nei titoli di coda.